Cronaca

Il caso dei tre vulcani sottomarini scoperti a 15 chilometri dalla costa calabrese

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Uno dei più grandi complessi vulcanici sottomarini italiani, finora sconosciuto, sviluppatosi a soli 15 km dalla costa tirrenica calabrese lungo una faglia della crosta terreste. È la scoperta fatta dai ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, illustrata in uno studio selezionato come research spotlight del mese di settembre della rivista EOS – Earth & Space Science News.

Tale complesso vulcanico, costituito dai vulcani Diamante, Enotrio e Ovidio, si sarebbe formato nell’arco degli ultimi 780.000 anni. Il lavoro, recentemente apparso sulla prestigiosa rivista “Tectonics” dell’AGU (American Geophysical Union) si basa sull’utilizzo di diverse tecniche geofisiche: batimetria sonar multibeam, sismica a riflessione, anomalie magnetiche e tomografia sismica.

L’analisi dei dati ha messo in chiara evidenza la presenza di un’ampia area caratterizzata da numerosi corpi magmatici solidificati a diverse profondità che risalgono fino al fondale marino formando edifici vulcanici. “L’evoluzione geologica del Mediterraneo occidentale durante l’era Cenozoica è stata controllata principalmente dalla dinamica della placca adriatico-ionica in scorrimento (cosiddetta ‘subduzione’) al di sotto della placca euro-asiatica”, spiega Riccardo De Ritis, ricercatore dell’Ingv e primo autore dell’articolo.

“La segmentazione e fratturazione della litosfera oceanica sono processi che avvengono comunemente nei sistemi in subduzione e prevedono la formazione di porzioni di placche che si immergono nel mantello (‘slab’)”. Nel Mar Tirreno orientale – ricorda l’Ingv – la formazione di catene di vulcani situate vicino al bordo della placca adriatico-ionica “sembra essere associata alla risalita di magma causata dal flusso di materiale proveniente dal mantello, indotta proprio dalla subduzione. Lo studio mette in luce i processi magmatici che si verificano lungo i bordi degli ‘slab’ influendo sui geo-rischi ad essi associati, ad oggi non ancora ampiamente documentati”.

“Il complesso vulcanico individuato nel Mar Tirreno – conclude De Ritis – è stato suddiviso in due porzioni. Una parte occidentale, più distante dalla costa, i cui edifici vulcanici presentano una morfologia accidentata e deformata da strutture tettoniche. La parte orientale, più vicina alla costa, presenta invece edifici vulcanici arrotondati dalla sommità pianeggiante, causata dall’interazione tra vulcanismo e variazioni del livello del mare che ha generato nel tempo cicli di erosione e sedimentazione. La nostra ricerca getta nuova luce sull’esistenza di importanti complessi vulcanici sul fondale marino a distanze dalla costa decisamente inferiori a quanto non si conoscesse in precedenza”.

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