Cronaca

Gli italiani vivono sempre più a lungo ma invecchiano male. Un rapporto

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VOISIN / PHANIE
 

 Un consulto medico

Non diminuiscono negli italiani le abitudini nocive per la salute come fumosedentarietà e alimentazioni scorrette, ma in Italia si muore sempre meno, grazie soprattutto ai miglioramenti nell’assistenza sanitaria e ai traguardi della medicina moderna. Siamo, insomma, tra i Paesi più longevi, ma anche con più anni da vivere con malattie croniche e disabilità: la speranza di vita in buona salute è peggiore che in altri Paesi europei. 

È quanto emerge dal XVI rapporto Osservasalute, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che opera nell’ambito di Vihtaly, spin off dell’Università Cattolica presso la sede di Roma. Gli italiani, sottolinea il documento, sono ancora troppo in sovrappeso e il grande problema per il presente e per il futuro sono le cronicità, che assorbono l’80% della spesa sanitaria. 

La domanda di visite specialistiche, di giornate di degenza e di assistenza domiciliare, si legge ancora, è destinata a impennarsi nel prossimo decennio. Un dato rilevante per la salute degli italiani è rappresentato dalla forte riduzione della mortalità prematura (indicatore del Sustainable Development, Goals delle Nazioni Unite – calcolato rispetto alle principali cause di morte della fascia di età 30-69 anni) diminuita, dal 2004 al 2016, del 26,5% per gli uomini e del 17,3% per le donne. 

In generale, in poco più di 30 anni, il tasso standardizzato di mortalità totale si è ridotto di oltre il 50% nel periodo 1980-2015 ed il contributo delle malattie cardiovascolari è stato quello che più ha influito sul trend in discesa della mortalità (nello stesso periodo la mortalità per malattie ischemiche del cuore si è ridotta di circa il 63% e quella delle malattie cerebrovascolari di circa il 70%). 

I costi della cattiva salute

L’Italia è sempre più vecchia, dunque (nel 2017, gli ultra 65enni erano oltre 13,5 milioni, il 22,3% della popolazione totale) e gravata da malattie croniche la cui gestione incide per circa l’80% dei costi sanitari. 

Nel 2017 – si legge nel rapporto – il costo medio annuo grezzo della popolazione in carico ai medici di medicina generale del network HealthSearch affetta da almeno una patologia cronica è stato di 708 euro. Sono presenti differenze di genere nei costi generati per il SSN; infatti, i pazienti uomini affetti da almeno una patologia cronica hanno generato un costo medio annuo superiore a quello delle donne (738 euro contro 685 euro). I costi medi annui sostenuti dal SSN per i pazienti cronici aumentano progressivamente al crescere dell’età, raggiungendo il picco nelle fasce di età 80-84 anni (1.129 euro) e 75-79 anni (1.115 euro), per poi calare leggermente nelle classi di età successive.

Dal lato dell’assistenza primaria, i dati raccolti dai medici di medicina generale riferiscono che mediamente in un anno si spendono 1.500 euro per un paziente con uno scompenso cardiaco congestizio, in ragione del fatto che questi pazienti assorbono il 5,6% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, il 4% delle richieste di visite specialistiche e il 4,1% per le prescrizioni di accertamenti diagnostici. Circa 1.400 euro annui li assorbe un paziente affetto da malattie ischemiche del cuore, il quale è destinatario del 16% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, del 10,6% delle richieste di visite specialistiche e del 10,1% degli accertamenti diagnostici.

Quasi 1.300 euro – precisa il rapporto – vengono spesi per un paziente affetto da diabete tipo 2, il quale assorbe il 24,7% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, il 18,5% delle richieste di visite specialistiche e il 18,2% degli accertamenti diagnostici. Un paziente affetto da osteoporosi costa circa 900 euro annui, poiché è destinatario del 40,7% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, del 35,0% delle richieste di visite specialistiche e del 32,0% degli accertamenti diagnostici.

Costa, invece, 864 euro un paziente con ipertensione arteriosa che assorbe mediamente in un anno il 68,2% di tutte le prescrizioni farmaceutiche a carico del SSN, il 52,2% delle richieste di visite specialistiche e il 51,7% degli accertamenti diagnostici.

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