Cronaca

Cosa sappiamo del possibile caso mortale di mucca pazza a Ravenna

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Pronto Soccorso

Sarebbe stato il morbo della mucca pazza a uccidere la donna di 59, morta a Ravenna il 5 maggio scorso. Per avere la conferma bisognerà attendere l’esito dell’autopsia eseguita lunedì all’obitorio dell’ospedale ‘Bellaria’ di Bologna. Intanto la procura ha iscritto nel registro degli indagati una quarantina di persone fra medici e infermieri che avrebbero scambiato la malattia per una polmonite.

La donna, riporta il sito Fanpage, era in cura per un linfoma all’Irst di Meldola, era stata ricoverata la prima volta il 7 aprile per via di un malessere che le è stato diagnosticato come polmonite. Nonostante le cure, però, le sue condizioni non sono migliorate. E così la 59enne è tornata al pronto soccorso e da lì è passata prima al reparto Infettivi e poi in Neurologia, per una encefalite auto-immune. Poi la situazione è precipitata. Il primo maggio è entrata in coma e pochi giorni dopo è deceduta. La donna sarebbe morta per il morbo Creutzfeldt-Jakob, che causa la mucca pazza. Esclusa invece una recidiva del tumore.

“Non vogliamo trovare dei colpevoli, vogliamo trovare delle cause e una risposta. Ci arriveranno a seguito di tutti questi esami”:  così Francesco Furnari, l’avvocato della figlia della donna morta. “La denuncia – spiega il legale – sicuramente è nata dalla voglia di questa ragazza di capire che cosa è accaduto alla madre per un mese viene sballottata tra vari reparti dell’ospedale di Ravenna senza che nessuno facesse una diagnosi: si passa da una encefalite, a polmonite a “mucca pazza”. Saranno gli esami a dare o meno delle conferme”. 

Per i risultati completi dell’autopsia ci potrebbero volere settimane.

Cos’è e come si manifesta

Se l’autopsia dovesse confermare il sospetto, questo sarebbe il terzo caso in Italia degli ultimi due anni, dopo un’anziana donna in Toscana nel 2017 e un macellaio della provincia di Venezia l’anno successivo. Il morbo della mucca pazza, è causato da un prione, una proteina definita “agente infettivo non convenzionale”: non essendo né un virus né un batterio, si trasmette in maniera peculiare, inducendo le proteine sane ad assumere una forma molecolare anomala. In altre parole, il prione, avviando una modifica nella struttura delle proteine sane, uccide i neuroni e genera dei veri e propri “buchi” nel tessuto cerebrale, che prende un caratteristico aspetto spugnoso.

Dopo un lungo periodo di incubazione del tutto asintomatico, la malattia si presenta con vertigini, visione offuscata , che rapidamente peggiorano nell’arco di giorni. Nelle fasi precoci, compaiono perdita di memoria, modificazioni comportamentali, irritabilità, depressione, affaticabilità e disturbi del sonno. Si ritiene che il contagio avvenga quando l’animale introduca nel proprio organismo, mediante l’alimentazione, tessuti di animali infetti.

Le farine animali, ricavate dagli animali morti e usate per l’alimentazione bovina fino allo scoppio della malattia, sono state ritenute la causa prima di questa pestilenza. Il contagio può avvenire anche per ingestione di materiale infetto.

In passato ha causato vere e proprie epidemie, la più grave, ricorda il Post, delle quali si era verificò tra il 1998 e il 2002, quando più di duecento persone morirono in tutto il mondo, soprattutto nel Regno Unito. La paura era stata tale che in tutta la Ue erano state introdotte restrizioni al consumo di carne bovina.. In Italia si sono verificati in totale 144 casi.

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