Cronaca

Come difendersi dai cinghiali senza sparare

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 Afp

 Cinghiali

Non ce l’ha fatta Antonio Rocca, l’uomo che un mese fa aveva investito un cinghiale sulla strada provinciale di Simeri Crichi, nel Catanzarese. Rocca aveva riportato numerosi traumi alcuni dei quali causati proprio dal cinghiale che dopo l’impatto aveva infierito sul corpo dell’uomo. Per questo era stato tenuto in coma farmacologico ma, dopo il risveglio, alcune complicanze ne hanno provocato la morte nella tarda serata di domenica. L’incidente con un cinghiale non è affatto un’ipotesi remota, anzi: “È molto frequente in ogni angolo d’Italia”, spiega all’Agi Marco Galaverni, responsabile WWF specie e habitat.

Secondo l’Ispra nel Paese ci sono 1 milione di cinghiali e per molti la popolazione andrebbe ridotta attraverso la caccia. Ma secondo Galaverni non è questa la soluzione, che avrebbe comunque dei contraccolpi negativi. “Nel caso dei cinghiali l’abbattimento non selettivo (ovvero la caccia) non è sufficiente a limitare il numero degli esemplari”. Tutt’altro: “secondo diversi studi questo metodo finisce per ripopolare la specie. Un meccanismo biologico innato fa sì che quando vengono a mancare gli adulti, i giovani si riproducano prima di quanto farebbero in condizioni normali. E così invece di riprodursi a 3 anni lo fanno a 1 anno e mezzo”. In più – continua Galaverni – “avere meno esemplari non significa avere meno danni. Ne basta uno che si avvicina in paese per avere problemi”. 

Cosa fare, allora, senza ricorrere alle armi da fuoco? “Innanzitutto dobbiamo avere maggiore consapevolezza: se viaggiamo in una zona di attraversamento animali selvatici, manteniamo una velocità adeguata in modo da avere riflessi pronti e prendere le giuste decisioni in caso di un incontro non gradito”. Tantissimo c’è da fare anche sulle infrastrutture: “Esistono dei dispositivi da installare sui paletti catarifrangenti a bordo strada che percepiscono la presenza di animali e avvertono il guidatore. Oppure ce ne è un altro tipo che di notte diffonde la luce dei fari verso i boschi e dissuade gli animali. Sono rimedi che costano pochi euro e non richiedono grossi lavori d’installazione”.

Ma non sono solo questi i rimedi al problema: “Se realizzati ad arte sono molto utili i recinti di cattura che vanno montati per qualche settimana e lasciati aperti in modo che i cinghiali prendano confidenza. Poi, dopo qualche giorno si inserisce un’esca e una volta che il cinghiale è entrato si chiude. A quel punto, il cinghiale segue due destini: o viene trasferito in una zona più lontana dall’uomo oppure viene spedito alla macellazione ovviando al mercato in nero della carne di cinghiale”. In  un certo senso, poi, anche questi recinti di cattura “sono selettivi perché i cinghiali si muovono a gruppi e quindi anche i giovani finiranno nella rete”.

Molto più rari sono gli attacchi da animali selvatici in natura. “Anche in quel caso, bisogna tenere presenti alcune accortezze. Come mantenere una distanza di sicurezza di 30 metri ma anche 100 per i predatori. E non dare cibo agli animali. In primavera e in estate poi, nel caso del cinghiale le mamme sono particolarmente aggressive. evitiamo di metterci in mezzo tra i due. non bracchiamoli, lasciandoli senza via d’uscita”.

Oggi poi sono sempre più frequenti le passeggiate in paese di animali selvatici, ‘colpa’ della compenetrazione tra gli habitat naturali e le cittadine, ma soprattutto del cibo che li attira. “È importante mantenere i cassonetti chiusi o applicare recinzioni o fili elettrificati per gli orti. Richiede un investimento iniziale ma alla lunga diventerà un beneficio in quanto limita la presenza di animali pericolosi”.

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