Cronaca

Chi era Scandenberg, l’eroe albanese che Mattarella ha celebrato in Calabria

Chi era Scandenberg, l'eroe albanese che Mattarella ha celebrato in Calabria

Quirinale 

Mattarella a Salonicco 

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è atteso in Calabria dove, in mattinata, parteciperà alle celebrazioni per i 550 anni dalla morte dell’eroe nazionale albanese Giorgio Castriota, detto Scanderbeg. Mattarella, insieme con il capo di stato dell’Albania, Ilir Meta, che ieri, a Catanzaro, ha incontrato il presidente della Regione, Mario Oliverio, sarà a San Demetrio Corone, centro albanofono del Cosentino che ospita l’evento. 

Giorgio Castriota Scandemberg, celebrato a San Demetrio Corone, centro albanofono calabrese, alla presenza del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e del presidente della Repubblica d’Albania, Ilir Meta, fu una delle figure più significative del XV secolo.

Castriota, detto Scanderbeg, dal nome turco Iskender (Alessandro) Beg, che gli albanesi nazionalizzarono in Skanderbeg, è l’eroe nazionale d’Albania. Quest’anno ricorrono i 550 anni dalla sua morte, avvenuta nel gennaio del 1468. Principe albanese e re d’Epiro, fu abile condottiero e diplomatico e unì i principati d’Albania, bloccando per decenni l’avanzata dei turchi verso l’Europa.
 

Iniziò la sua carriera militare al servizio dei turchi, che dominavano sul suo paese. Era figlio di Giovanni Castriota, principe di Croia, e della principessa serba Vojsava Tripalda, originaria dell’attuale Repubblica di Macedonia. Alla fine del XIV secolo l’Albania fu occupata dalle forze ottomane. Giovanni Castriota si oppose all’occupazione ottomana e per questo fu punito dai turchi che catturarono i suoi quattro figli maschi, tra cui Giorgio. Due di loro morirono uccisi, uno si fece monaco. Giorgio, si unì agli ottomani. Alla corte del sultano, si distinse per le sue capacità.

Divenne famoso per le sue vittorie già in giovane età, tanto che una delegazione di albanesi lo volle incontrare in segreto, per informarlo della drammatica situazione di sudditanza che si viveva in quella che era anche la sua patria.

Nel 1443 il sultano diede a Scanderbeg l’incarico di affrontare una coalizione di eserciti cristiani, a maggioranza ungherese, guidati dal signore di Transilvania Jànos Hunyadi (“Il Cavaliere bianco”), per riprendersi la Serbia, che il nobile ungherese aveva liberato dagli ottomani. Ma, evidentemente influenzato dalle suppliche della sua gente, disattese gli ordini e prese contatto con Hunyadi. Abbandonò l’esercito turco che fu sconfitto. Poi, assieme ad altri suoi 300 fedelissimi albanesi, decise di abbracciare la causa nazionale albanese.

Con il suo gruppo di soldati riprese il castello di Croia, radunò i nobili e diede inizio alla liberazione del territorio occupato dai turchi. In rapida successione conquistò tutte le fortezze occupate. 

Resta celebre la sua frase: “Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, in mezzo a voi”. Proclamato guida della nazione albanese, dovette affrontare l’ira del sultano Murad II, che, furioso per il tradimento, inviò contro di lui un potente esercito, guidato da Alì Pascià.
 

(Credit: wikimedia.org)

Ma i turchi, narrano le cronache, persero rovinosamente a Torvioll, nonostante fossero in numero molto superiore. Altri attacchi turchi furono respinti dagli albanesi sotto la guida di Scanderbeg il cui successo ebbe una vasta risonanza che impressionò Papa Eugenio IV il quale ipotizzò addirittura di affidargli una nuova crociata contro l’Islam. Scanderbeg sconfisse ancora i turchi in un epico scontro alle gole di Prizren, il 10 ottobre del 1445. Guadagnandosi i titoli di “difensore impavido della civiltà occidentale” e “atleta di Cristo”.

Altri scontri tra turchi e albanesi seguirono, ma Scanderbeg sembrava imbattibile. Tanto da preoccupare i veneziani, che avevano molti affari con i turchi. E che decisero di allearsi con loro. Una battaglia avvenuta il 3 luglio del 1448 vide la sconfitta della repubblica marinara che firmò un trattato di pace con Scanderbeg. Alterne vicende portarono anche l’eroe albanese ad allearsi con Alfonso d’Aragona.

L’alleanza con il Regno di Napoli preoccupò i turchi, che decisero allora di mandare due armate contro l’Albania. Ma entrambe furono annientante. Gli scontri continuarono per anni e la fama di Scanderbeg cresceva. I turchi furono infine costretti a chiedere la pace. L’eroe albanese combattè anche in Italia: nel 1459 aiutò Ferdinando I, re di Napoli, figlio di Alfonso d’Aragona, nella lotta contro il rivale Giovanni d’Angiò.

Come premio per l’aiuto ricevuto, ricevette i feudi di Monte Sant’Angelo, Trani e San Giovanni Rotondo. Ci furono altri scontri e battaglie con gli eserciti turchi, ma sempre Scanderbeg ne uscì vincitore. Anche se resistere alla loro avanzata diventava sempre più difficile. La presenza delle forze islamiche preoccupava, a questo punto, anche i veneziani, che inviarono un ambasciatore da Scanderbeg, per poter organizzare una difesa comune. Ma l’eroe albanese morì di malaria il 17 gennaio del 1468.

Oggi ogni comunità albanese ha un monumento che lo ricorda.

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